Graal.
Una parola magica che spalanca le porte di un mondo lontano da cui provengono le eco delle gesta eroiche e degli amor cortesi di cavalieri erranti.
È un argomento che, malgrado l’età, sembra non tramontare mai: se ne parla infatti da secoli, tra alti e bassi, e di recente è tornato prepotentemente alla ribalta grazie ad una serie di libri e di programmi televisivi, alcuni piuttosto discutibili, che hanno avuto il pregio di rimettere in moto la queste, la cerca.
L’enigma ha origini antiche: risale al XII secolo, quando il Graal fa la sua prima apparizione sotto forma letteraria nel Perceval ou le conte du Graal, romanzo in versi ambientato alla corte di Re Artù e dei suoi Cavalieri della Tavola Rotonda. L’opera fu scritta, su richiesta di Filippo di Fiandra, da Chrétien de Troyes, uno dei maggiori autori francesi del Medioevo di cui, tuttavia, conosciamo ben poco. Durante un misterioso corteo a cui assiste il giovane Perceval, una bellissima fanciulla dal portamento nobile e riccamente vestita appare portando tra le mani un graal di oro fino tempestato di splendide pietre preziose, emanante una « L’autore non specifica se il graal sia una coppa o un piatto o un qualche contenitore particolare, ma soltanto: / In seguito, dopo che Perceval avrà affrontato numerose peripezie, sarà rivelato che il graal non contiene lucci, lamprede o salmoni , come si potrebbe immaginare, ma soltanto un’ostia.
Il termine graal probabilmente deriva dal latino gradalis (tazza, vaso): in francese arcaico con questo termine si indicava una scodella o una coppa poco profonda in cui, solitamente, erano serviti cibi raffinati, dunque è evidente che il graal di Chrétien de Troyes non possedesse ancora le caratteristiche magico-esoteriche che troviamo negli scritti successivi, ma che fosse un oggetto di uso domestico. Tuttavia egli ne fa il perno del suo racconto, gettando così le basi di una delle più famose leggende della storia dell’umanità.
Il romanzo, rimasto incompiuto, fu ripreso e rielaborato da altri scrittori (ben 14), molti rimasti anonimi, ognuno dei quali contribuì all’evoluzione del mito.
È il caso del poeta francese Robert de Boron (fine XII-inizi XIII sec.), il primo a dare una connotazione puramente “cristiana” a questa storia e ad attribuire al Graal poteri sovrannaturali. Nel suo Joseph d’Arimathie ou le Roman du l’Estoire du Graal egli lo descrive come il calice con il quale Gesù Cristo celebrò l’Ultima Cena ed in seguito usato da Giuseppe di Arimatea, per raccogliere il sangue del Cristo crocefisso, mentre la lancia insanguinata che apre il misterioso corteo diviene l’arma con cui il centurione Longino trafisse il costato di Gesù.
Il tedesco Wolfram von Eschenbach (ca. 1170), nel suo poema Parzival, ne cambia però i connotati e lo trasforma in un prezioso smeraldo staccatosi dalla corona di Lucifero durante l’epico scontro tra gli angeli ribelli e gli angeli del Signore: la lapsit exillis, lapis ex coelis cioè la pietra caduta dai cieli. Questa pietra della natura più pura e dalle virtù straordinarie, che può essere toccata soltanto da chi è moralmente ineccepibile, è custodita unsalwaesche
Eschenbach, oltre ad essersi ispirato al romanzo di de Troyes, tuttavia discostandosene per molti versi, avrebbe attinto le proprie informazioni da un libro scritto da un certo Kyot di Provenza che, a sua volta, sarebbe venuto a conoscenza dell’identità del Graal da un testo antecedente scritto dall’arabo Flegetanis, esperto astrologo ed astronomo e presunto discendente di re Salomone. In realtà, Flegetanis non sarebbe mai esistito ed il nome sarebbe la traduzione del titolo di un trattato arabo di astrologia, il Felek-Thani (La Seconda Sfera): in quest’opera si parla infatti di sette pietre rappresentanti le sette possibili forme di saggezza, di cui la Pietra Suprema è quella della Saggezza Universale.
Nel Grand Graal (XIII sec.), di anonimo, il Graal subisce una ulteriore trasformazione e diventa un libro scritto da Gesù stesso, «... alla cui lettura può accedere solo chi è in grazia di Dio». Un libro di potere, apocalittico, contenente verità «impronunciabili da lingua mortale» tanto che se ciò dovesse accadere «i cieli diluvierebbero, l’aria tremerebbe, la terra sprofonderebbe e l’acqua cambierebbe colore».
È probabile che all’origine del Graal vi siano antichi miti celtici, adeguatamente cristianizzati a scopo propagandistico. In molte leggende celtiche appaiono calderoni o coppe dalle magiche virtù: dell’abbondanza, in grado di ridare la vita ai defunti, di donare l’immortalità o l’eterna giovinezza. Il più famoso è il
«vaso spirituale, dell’onore e di unica devozione».
Recentemente, si è imposta all’attenzione un’altra figura femminile che continua ad essere al centro di dibattiti e che ha alimentato un filone letterario apparentemente inesauribile: la Maddalena, la prostituta redenta dei Vangeli che, secondo alcune controverse ipotesi, sarebbe stata in realtà la sposa di Cristo e che avrebbe dato origine al Sang Real (Sang Royal - Santo Graal), la linea di sangue reale dei discendenti di Gesù. Da un lato la vergine Maria, dall’altro la carnale Maddalena: che siano personaggi storici o puramente simbolici, esse rappresentano due aspetti diversi dell’eterno principio femminile, della Grande Madre dal cui grembo/calice nasce ogni forma di vita, la dea dai mille nomi e dai mille volti, sicuramente la divinità più antica che sia mai stata adorata nella storia dell’umanità. Dobbiamo infatti tornare indietro nei millenni, fino al paleolitico, per trovare le origini di questo culto: sono di questo periodo le note Veneri, statuette femminili che, con i loro ventri accentuati, inneggiano alla fertilità e al mistero della nascita.
Altrettanto antico è il shethiyah su cui poggiava l’Arca dell’Alleanza, dalle pietra filosofale degli alchimisti al Cristo stesso, definito “pietra angolare”
la grande alternativa religiosa al Cattolicesimo». I Catari si definivano Per questo motivo furono votati alla persecuzione e all’annientamento: per spazzare via questa pericolosa eresia che si stava spandendo a macchia d’olio fu creata l’Inquisizione, fu fondato l’ordine monastico dei Domenicani ed infine fu lanciata una terribile Crociata che « » una delle più antiche religioni dell’Iran pre-islamico. abbia avuto una larga influenza sia sul Giudaismo che sul Cristianesimo e che «verità impronunciabili».
A questo punto viene spontaneo chiedersi che cosa sia in realtà il Graal e soprattutto se sia o no esistito. Si è versato e si continua a versare fiumi di inchiostro sull’argomento, cercando di trovare una risposta e di mettere una volta per tutte la parola fine ad una storia che dura da tempo immemorabile. In questa corsa affannosa alla verità a tutti costi si tende spesso a perdere di vista un’altra grande verità, che forse è l’unica: non esiste un solo Graal.
Von Eschenbach è l’autore che, inconsapevolmente, ne ha fornito la descrizione più appropriata: quella di una gemma preziosa. Proprio come una gemma, il Graal è costituito da una miriade di facce che “riflettono” le aspettative di coloro che lo cercano e per questo motivo cambia, si trasforma continuamente. Per chi ha un approccio prettamente storico-scientifico è un manufatto con caratteristiche ben precise, legato alla figura del Cristo o addirittura antecedente. Per lo scettico è soltanto una leggenda come tante. Per il sognatore è un nobile ideale. Per il saggio è la Sapienza. Per il cercatore spirituale è un percorso iniziatico .
Di qualunque cosa si tratti, il Graal è soprattutto ricerca: una ricerca proiettata verso il mondo esterno che è anche un lungo viaggio nei luoghi dell’Anima.
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