giovedì 10 maggio 2012

IL MISTERO DELLA PIRAMIDE DI FALICON di Osvaldo CARIGI e Stefania TAVANTI





Il seguente articolo è stato pubblicato su Fenix nel 2009: ho adattato alcune parti ed aggiunto informazioni che originariamente erano state tagliate per esigenze editoriali.


A Falicon, paesino del dipartimento delle Alpi Marittime a pochi km da Nizza, si trova una piramide in scala ridotta, realizzata con pietre calcaree e caratterizzata da un andamento geometrico irregolare in quanto costruita lungo un pendio vicino alla sommità di un monte (Mont Cou o Chauve - Montecalvo). È priva della parte superiore e versa in cattive condizioni a causa dell’azione erosiva del tempo e di quella, ugualmente deleteria, di visitatori e cercatori di improbabili tesori che di anno in anno contribuiscono a diminuirne l’altezza. Fortunatamente, dopo molteplici richieste di intervento al fine di scongiurarne la sparizione, nel 2007 è stata iscritta nella lista dei monumenti storici francesi. La sua datazione ed il motivo per cui venne eretta, perlopiù sopra l’entrata di una grotta, costituiscono un vero e proprio rompicapo e le contraddittorie descrizioni della stessa e della grotta sottostante, le documentazioni storiche ed i pareri, spesso discordi, degli studiosi non fanno che aumentarne il mistero.
La grotta fu scoperta nel marzo del 1803 dall’italiano Domenico Rossetti, avvocato e profondo conoscitore della storia antica, che, di passaggio a Nizza per visitare i resti di “Cameneleon”, città capitale delle Alpi marittime ai tempi della Repubblica Romana, venne a sapere che verso la sommità di una vicina montagna “vedeasi un buco profondissimo, dal quale all’imbrunir del giorno uscivano a gruppi i pipistrelli”. Incuriosito, Rossetti decise di recarsi sul luogo, che raggiunse verso le dieci e mezza di mattina: grande fu il suo stupore quando vide, illuminata da un raggio di sole che penetrava obliquamente nel foro,“una grossa colonna d’alabastro, candida al par della neve, eretta in mezzo di una gran sala”.
È lo stesso effetto di luce che molti anni più tardi, nel 1965, fu descritto dallo studioso francese Robert Charroux, in visita alla cavità sotterranea. Charroux descrisse anche la “sconosciuta” piramide sovrastante che, in origine, doveva avere spigoli lunghi 9 metri: “Interamente costruita in lastroni di pietra viva, legati con una malta ancor più tenace di quella che impiegavano i Romani, cela una voragine dall’imboccatura simile a un pozzo di due o tre metri di diametro”.

LA PIRAMIDE INVISIBILE


Nelle 115 pagine del poemetto ‘La grotta di Monte-Calvo’, edito a Torino nel 1812, nel quale Rossetti descrisse minuziosamente fatti e luoghi inerenti la sua scoperta, non viene mai citata espressamente la presenza della piramide. Come spiegare questa curiosa omissione? Henri Broch, autore de "La mysteriouse pyramide de Falicon", non fa molto caso al fatto che la piramide non sia menzionata nel poema poiché ritiene che a Rossetti interessasse solo la grotta sottostante. Secondo il ricercatore André Douzet, invece, Rossetti non ne avrebbe parlato volontariamente perché, secondo voci, “sarebbe stata sua intenzione riservare la notizia per un'opera successiva”. Un’altra ipotesi vuole che, al momento della scoperta della grotta, la piramide fosse talmente confusa nel paesaggio circostante da non essere stata notata da Rossetti. Ma come poteva sfuggire, seppur mimetizzata, una antica struttura artificiale ad una persona dotata di un così vasto bagaglio culturale? Ecco, infatti, alcune esaustive righe tratte dalla sua biografia: “poeta estemporaneo, filosofo, tragediografo, archeologo ed avvocato, incarnò pienamente lo spirito dell’intellettuale illuminista ed enciclopedista erudito”, ed ancora “…si appassionò alla speleologia e all’archeologia, compiendo diverse esplorazioni”.
Il poemetto di Rossetti, tuttavia, riserva altre interessanti sorprese. Due particolari passaggi potrebbero infatti dar corpo al sospetto che il letterato fosse in realtà consapevole della presenza della piramide: riferendosi all’ingresso della caverna cherappresenta un triangolo, che nei punti dell'unione delle linee, ossia della formazione degli angoli, si accosta alquanto alla circolare, il che ci obbliga a considerarlo piuttosto come un triangolo composto di tre angoli ottusi”, egli scrive cheI macigni che formano, e circondano la bocca della grotta, se si considerino dal fondo del collo del pozzo, sono pendenti al di dentro; ma la loro unione ed il loro collegamento è tale che non minacciano affatto di cadere. Ai fianchi vi sono vari piccoli scavi, con dentro capricciosi rilievi, in guisa che potrebbero assomigliarsi ad alcune statuette collocate entro dei loro nicchi”.
Una descrizione che farebbe pensare ad una struttura a base triangolare, formata da pietre incastrate perfettamente tra loro, posta attorno e al di sopra dell’antro.
Per finire, sul frontespizio del poema, vi è un disegno che raffigura il nostro eroe in primo piano e sullo sfondo, ben visibile, una piramide che egli indica orgogliosamente con un dito.

UNA PIRAMIDE OTTOCENTESCA?


Catherine Ungar, nel suo "nouveaux aperçus" del 1983, affermò che la piramide fu costruita proprio da Rossetti e da un suo amico, Giovan Giacomo Vinay, allora consigliere della Prefettura di Torino nonché proprietario del terreno ove si trova la grotta. La piramide, dunque, non sarebbe altro che una specie di segnale ‘turistico’, eretto per meglio identificare la grotta di Monte Calvo. Douzet reputa improbabile che Rossetti e Vinay abbiano costruito o finanziato la costruzione della piramide: “degli operai si sarebbero dovuti recare sul posto e dei lavori svolti sarebbe dovuta rimanere qualche traccia”.
È anche vero, però, che all’epoca della scoperta di Rossetti, in Francia era scoppiata una vera e propria egittomania a seguito della spedizione militare di Napoleone nella terra del Nilo, che aveva visto il fiorire di numerosi monumenti in stile egizio, spesso pregni di significati ermetici. È noto che la piramide figura tra i simboli della Massoneria e guarda caso molte di queste bizzarre opere in muratura furono progettate da membri di tale società e spesso celavano delle cavità sotterranee in cui probabilmente si celebravano riti iniziatici. Se Rossetti fosse stato un massone come molti suoi colleghi intellettuali, si giustificherebbe la scelta “simbolica” di collocare una piramide sopra l’antro da lui scoperto ma, in mancanza di documentazione certa attestante o meno tale affiliazione, ci limitiamo a citare la sua volontà di tenersi lontano da ogni "spirito di partito”.
Inizialmente anche l’esperto di paleoastronomia Enrico Calzolari ha ipotizzato che la piramide di Falicon potesse essere attribuita a un movimento ideologico neo-templare di stampo massonico, poi, venendo a conoscenza dell’allineamento Falicon-Tarquinia-Argos, ha inserito le coordinate di Falicon nella carta del Mediterraneo (43° 45’ N - 07° 16’ E) ed ha scoperto che “il punto viene a coincidere con la bisettrice del triangolo isoscele che è formato dal trilite sormontato da losanga rinvenuto nel Lozère (Francia), dal trilite sormontato da losanga di Niolu (Corsica) e dal quadrilite sormontato da losanga di San Lorenzo al Caprione (La Spezia). Dopo di che ho tracciato in carta la linea Falicon-Roma ed ho avuto la seconda sorpresa. Continuando la tracciatura la linea ha raggiunto Atene-Paphos-Sidone (Tyro). Troppe coincidenze per poter accettare che la piramide di Falicon sia stata costruita nell’Ottocento. Occorrerà approfondire”. L’allineamento Falicon-Tarquinia-Argos, citato da Calzolari, è uno degli elementi della più sorprendente tra le teorie avanzate circa l’origine della piramide ovvero quella che vuole gli etruschi costruttori dell’enigmatico monumento. Ad affermarlo è Charles Lebonhaume, il quale espone la sua idea nel ‘Le grand livre des pyramides’ riportando una serie di indizi che però non trovano riscontri storici. Gli etruschi infatti non costruivano piramidi ed edificavano ‘a secco’. Secondo l’etruscologo Giovanni Feo l’ipotesi proposta dall’autore poggerebbe solo su basi tecniche, “mancano prove concrete, non potendo reggersi l’ipotesi solo su un toponimo (Falicon = Falisci*), peraltro molto comune, e su un “allineamento” che andrebbe valutato e spiegato più approfonditamente. Certo, gli Etruschi portarono anche nella Gallia celtica saperi, conoscenze e scrittura, ma ancora non si sa nulla su di una possibile presenza etrusca nella regione di Falicon. Il significato e l’origine della piramide francese restano dunque ancora da svelare.” Da svelare è anche l’enigma di una svastica che negli anni ‘20 sarebbe stata asportata a colpi di scalpello dal frontone del portale situato nella facciata rivolta a est della piramide. La svastica, segno sacro di Manu (l’egizio ‘Mina’ o ‘Menes’, il celtico ‘Menw’, il greco ‘Minos’ e il romano ‘Numa’), era anche il simbolo di un antico popolo dell’India, gli Jain, e l’attuale frazione di Gaina, il sito più antico della zona ove sorge la piramide e il più vicino ad essa, in passato era chiamata proprio Jain o Jaina, toponimo che troviamo citato in uno studio sui castelli di Falicon di Edmond Rossi, esperto di storia ed etnologia regionale. Secondo il già menzionato Charroux potrebbero essere stati proprio i Jainisti ad edificare la piramide di Falicon nel corso delle loro migrazioni, in epoche remote, verso l’Europa e l’America del Sud, dove avrebbero costruito altre piramidi, anche se in realtà sarebbe più appropriato parlare di stupa, monumenti religiosi tipici dell'Asia sud-orientale che solitamente presentano una torre a forma di cono.

UNA PIRAMIDE.... TEMPLARE?


Pierre Bodard dell’IPAAM (Istituto di Preistoria ed Archeologia delle Alpi Marittime) indica come unico segno inciso sulla piramide una A, visibile sul rivestimento della facciata sud, e definisce “incrostazioni e fessure naturali” presunte svastiche, croci ed addirittura una figura umana, identificata da alcuni con il Baphomet dei Templari, che sarebbe scolpita nella grande stalagmite della grotta sottostante. Tesi contestata da Douzet, per il quale “non ci vuole una laurea in archeologia” per constatare che certe stalattiti e stalagmiti furono appositamente ritoccate per far sì che, illuminate in una certa maniera, potessero dar vita a particolari figure: ciò farebbe propendere per l’ipotesi che nella grotta si riunissero i seguaci di un culto solare, capaci di calcolare con precisione quando l’astro avrebbe proiettato i propri raggi su determinate parti. L’affermazione di Douzet circa la figura umana scolpita nella stalagmite evoca un intrigante passo de Il tesoro dei templari. Le ricchezze nascoste’ di Franjo Terhart: “Su una collina a nord di Nizza, sorge in un fondo privato un edificio alquanto insolito. Gli abitanti locali lo chiamano da secoli la ‘piramide di Falicon’; di essa si dice che fu eretta dai Templari e sia collegata da un camminamento sotterraneo a un antico monastero dell’Ordine (...) non è una piramide molto alta; la cavità interna raggiunge però notevoli profondità. Su uno dei suoi muri qualcuno disegnò nel XIII secolo una testa di Bafometto, un volto barbuto e cornuto che somiglia per certi tratti a quello di Saint-Merri di Parigi. Le corna potrebbero essere in realtà anche piante o foglie: l’immagine è troppo indistinta per poterlo affermare con sicurezza”. La scoperta, nei pressi della grotta, di una galleria collegata ad un pozzo viene citata anche da Brosch il quale, basandosi su una leggenda, narra che i cavalieri rossocrociati, occupanti la vicina bastia, sarebbero stati a conoscenza del sotterraneo: questo avrebbe condotto ad una sala dove i cavalieri avrebbero sepolto un bottino. Dopotutto già nel 1970, lo scrittore Maurice Guinguand aveva ipotizzato che la piramide fosse stata edificata nel XIII secolo ad opera di una organizzazione patrocinata dai Templari o di affiliazione templare ma le sue teorie vennero rigettate dal mondo scientifico. Se per Edmond Rossi la piramide “non è opera dei Templari, benché durante il medioevo essi abbiano frequentato la regione” per Pierre Bodard non è storicamente dimostrabile che l’Ordine avesse dei possedimenti nella zona. Da segnalare, tuttavia, che nell’ottocentesco ‘Viaggio nella Liguria Marittima’ viene ricordata una Fontana del Tempio posta “nell’indirizzamento medesimo” della grotta di Montecalvo, che avrebbe preso il nome dai “... Templarj, ossia Cavalieri del Tempio, i quali ebbero un ostello in questo delizioso recesso. Della chiesa loro rimangono in una villa alcune vestige”.

IL TEMPIO DEL DIO MITRA


Ogni datazione della piramide impallidisce di fronte a quella fornitaci da Etienne Gotteland, patriarca, occultista e fondatore della setta ‘Universitalità Pratica’, stabilitosi a Falicon nel 1922. Basandosi su dati tradizionali e complicati calcoli basati sulla processione degli equinozi e la rotazione terrestre giunse a concludere che l'età della piramide è di 4.335 anni.
Bodard, nel 1970, ‘ringiovanisce’ la piramide di molti secoli in base al ritrovamento di alcune steli funerarie nell’area circostante il monumento e al fatto che da lì partiva l’acquedotto che alimentava Cemenelum (Cimiez), ipotizzando che la piramide facesse parte di un più vasto complesso di origine gallo-romana. Ma ancora più significativa è la notizia, riportata nello stesso anno dal dott. Cheveneau, membro eminente dell’IPAAM, che, nel IV secolo, a Cimiez fosse stanziata una legione proveniente da Alessandria d’Egitto. Il rinvenimento tra Cimiez e Falicon di tombe e sarcofagi romani decorati con teste di toro e con il gladio e la croce, simboli associati a Mitra, divinità solare e petrogenita (nata cioè dalla roccia) di origine iranica, il cui culto iniziatico e misterico si era ampiamente diffuso nell’Impero Romano, soprattutto tra i soldati, ha fatto supporre che i legionari di Cimiez fossero adepti del dio. Questo porta ad una intrigante possibilità ovvero che i soldati avessero adibito la vicina grotta di Montecalvo a loro luogo di culto, considerando anche il clima particolarmente temperato all’interno della prima sala, e contrassegnato il tempio con il monumento più rappresentativo del loro paese di provenienza ovvero una piramide, costruita, come afferma Edmond Rossi, da autentici egiziani alquanto lontani dal loro paese.
I santuari in onore di Mitra erano solitamente ricavati in ambienti sotterranei, come specifica l’esperto di culto mitraico, M. Vermaseren,: “La grotta simboleggia la volta celeste. L’idea dominante è quella di rappresentare il dio Mitra tauricida in una grotta (...) Spesso il tempio era orientato verso levante per permettere ai primi raggi del sole di penetrare da una finestra o da un’apertura praticata nella volta e colpire direttamente l’effige del dio” Inoltre “La cifra 7 trova nel culto di Mitra un significato dominante. Certi rilievi delle regioni danubiane rappresentano 7 cipressi (alberi solari) alternati a 7 pugnali ricoperti da un berretto frigio. A Doura 7 scalini portano alla nicchia rituale”. Charroux, nel suo libro, accenna alla presenza di un altare iniziatico sul lato est della grotta principale “che conserva ancora 7 gradini di accesso, scolpiti nella roccia. Gli unici gradini che Rossetti descrive nella sua opera sono però posteriori alla scoperta della grotta stessa. Egli rivela che il piano inclinato che conduce alla sala principale “si è fatto scalpellare e ridurre a comodi gradini altrimenti si correrebbe pericolo di sdrucciolare e di precipitare poi dentro il primo salone”. In effetti, in una incisione del 1814 di Louise Bouquet, si vedono chiaramente degli scalini, la cui funzionalità, a dire il vero, sembra essere piuttosto dubbia: perché prendersi la briga di scavarli nella nuda roccia quando, per scendere e salire, sarebbero state comunque necessarie scale e corde? Douzet trova improbabile la teoria secondo cui i gradini sarebbero stati scolpiti per facilitare la discesa dei visitatori, anche alla luce del fatto che la prima alzata misura ben 2 metri e richiederebbe un vero e proprio “passo da gigante”!
Infine, colpisce il fatto che tra gli animali simbolicamente collegati all’antica religione mitraica ci fossero il toro ed il cane e che Rossetti, descrivendo le numerose “concrezioni” che ornano la grotta, menzioni “forme qua e là sparse, rappresentanti o una testa di bue o di un cane o di qualunque animale o mostro che possono essere in natura”. Nuovamente bizzarrie della natura, come afferma Bodard, o opere create dall’uomo?
Ci preme sottolineare che l’ipotesi della piramide edificata dai soldati di Cimiez sopra un tempio mitraico non ha nulla a che vedere con quella, riportata in molti siti web, blog e forum, che vuole la piramide essere la tomba di un antico condottiero di probabile origine egizia, poiché trattasi di uno “scherzo” candidamente confessatoci dall’autore.

UNA SECONDA PIRAMIDE NELLA GROTTA DI MONTECALVO?

Un’ultima, incredibile notizia, tratta dal libro di Charroux.
Calandosi in “un pozzo tenebroso” in fondo alla prima grotta, che Rossetti non era riuscito ad esplorare per mancanza di mezzi, si giungerebbe in un’altra caverna dove si ergerebbe una seconda piramide di ben dieci metri d’altezza, “costruita con grossi blocchi di roccia caduti dalla volta o dalle pareti della caverna, oppure qui trasportati dalla sala superiore mediante la dura fatica di uomini rimasti sconosciuti”. Leggendo il poema di Rossetti, però, ci accorgiamo che il pozzo si trova nella seconda e non nella prima sala e viene spontaneo chiedersi se la grotta citata da Charroux non sia in realtà la seconda caverna scoperta da Rossetti, il quale la descrive con una volta a foggia di cappuccio “che finisce con una punta aguzza”: una forma, pertanto, vagamente piramidale! È comunque importante segnalare che nel XX secolo si era fatta strada la convinzione che la grotta di Montecalvo avesse un terzo livello dove nessuno ancora si era avventurato, in considerazione del fatto che Rossetti, dopo aver gettato alcune pietre nel pozzo suddetto, aveva udito un rumore “cupo, debole e simile a quello di un corpo caduto in mezzo alle acque”.


* Popolo originario di Falerii, una delle dodici città principali dell'Etruria che costituirono per lungo tempo una potente alleanza nel Mediterraneo occidentale e nel Mar Tirreno


BIBLIOGRAFIA

‘LA GROTTA DI MONTE-CALVO’ di DOMENICO ROSSETTI
LEGENDES ET CHRONIQUES INSOLITES DES ALPES MARITIMES. COLLECTION «MEMOIRES DU SUD» di EDMOND ROSSI
‘IL LIBRO DEI MAESTRI DEL MONDO’ di  ROBERT CHARROUX
‘LE GRAND LIVRE DES PYRAMIDES’ di CHARLES LEBONHAUME
‘VIAGGIO NELLA LIGURIA MARITTIMA di DAVIDE BORTOLOTTI
‘FALICON, PYRAMIDE TEMPLIERE OU LA RATAPIGNATA’ di MAURICE GUINGUAND
BIOGRAFIA DEGLI UOMINI ILLUSTRI DEL REGNO DI NAPOLI, COMPILATA DA DIVERSI LETTERATI NAZIONALI. Tomo IV
LA MYSTERIEUSE PYRAMIDE DE FALICON di HENRI BROCH
VOYAGE AUX ALPES MARITIMES  di EMILE FODERE
IL TESORO DEI TEMPLARI. LE RICCHEZZE NASCOSTE’ di FRANJO TERHART

1 commento:

  1. Salve a tutti, è interessante notare come esista un'altra piramide simile a quella di Nizza,in Argolide. La piramide di Kenchreai. Ciao http://inesplicata.blogspot.it/2016/05/la-piramide-di-kenchreai.html

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